Mappare il consumer journey è più che necessario, oggi, per capire che cosa vogliano veramente gli utenti, a maggior ragione se si lavora nell’ADV online.
La profilazione degli utenti è vitale per mantenere alti gli standard raggiunti nel passato recente dal commercio on line e le nuove normative introdotte in tutto il mondo (e che continuano a restringere la libertà di estrazione di dati per tutelare la privacy) hanno costretto il settore a trovare delle alternative “Cookieless“.

Diventa quindi centrale cambiare il processo di profilazione dei consumatori, sviluppando target sempre più definiti, superando l’osservazione del flusso di navigazione, per entrare nel dettaglio dell’esperienza diretta dell’utente ed estrapolare così informazioni preziose e utili ed organizzare l’offerta commerciale in accordo con le preferenze dei nostri utenti.
Criteo, azienda global al top per l’esperienza nel digital marketing nell’Open Internet, definisce questo nuovo approccio al digital marketing Commerce Media: il risultato dell’unione fra “dati e l’intelligence del commerce allo scopo di targettizzare i consumatori sull’intero shopping journey e di aiutare i marketer e i media owner a generare risultati commerciali (vendite, revenue, lead)”.
Per capire fino in fondo però come si è arrivato al Commerce Media, e perché, è necessario fare un passo indietro e scoprire un concetto indispensabile: quello di First Party Data.
Le Regole del Commerce Media
Grazie ai First Party Data, si può mappare il consumer journey dal primo touchpoint alla conversione e capire intenzioni d’acquisto, anticipando così i comportamenti e sottoponendo all’attenzione advertising veramente rilevante per il consumatore, nel posto giusto e al momento giusto.
L’effetto proposto è simile a quello che tutti hanno avuto la prima volta che hanno visto Tom Cruise in “Minority Report“.
Il Commerce Media quindi è la garanzia di non trovarsi davanti a “rapporti fantasma”, ma di studiare effettivamente i comportamenti degli utenti, anticipando effettivamente il loro comportamento. Questo è possibile grazie a tre fattori:
- Unique Commerce Data: grazie alla First Party Media Network, Criteo ha accesso ad un grande pool di data, indispensabile per la mappatura dello shopper journey. Una risorsa che rimarrà a disposizione anche quando le terze parti scompariranno.
- AI: l’intelligenza artificiale, che è indispensabile nel processo e analisi del dato.
- Supply: una rete di Publisher diversificata e in grado di rispondere a ogni interesse, dove poter distribuire qualsiasi tipo di ADV (anche in questo, Criteo può dire la sua).
Osservando queste caratteristiche, si potrebbe pensare che il Commerce Media sia isolato al web, ma non è così: siamo in una dimensione multicanale, dove online e offline si fondono (un po’ come capita quando parliamo di phygital, usando un termine in voga da un po’) e possono generare in esperienze che cominciano sul web e terminano magari nel punto vendita. Per questo una buona gestione dei First Party Data può anche essere la chiave per orientare il consumatore.

Prendiamo ad esempio il rapporto fra digitale e retail: con il giusto invito, chiunque può attratto da un contenuto online a spostarsi in negozio per completare un’azione. Se quel contenuto è originato da una profilazione ottimale, è chiaro che avrà più probabilità di convertire.
Un meccanismo che è la stessa Criteo a definire “full-funnel”, in una mappatura di tutto il consumer journey che si origina dalla scoperta e termina solo all’acquisto (e a volte continua anche oltre).
Tutto questo avviene in regime di trasparenza totale (in continuità con la trasformazione che è stata avviata proprio con l’abbandono dei cookies di terze parti): il Commerce Media è anche operare secondo una logica di controllo del dato, dal suo prelievo al suo utilizzo, agendo su tutta la Rete in maniera da osservare ciò che effettivamente l’utente è disponibile a condividere.
Sempre per citare Criteo: una sorta di marketplace dell’Open Internet.